Vorrei portarvi con me in Francia, nel cuore dell’Alsazia viticola, per la precisione a Bergheim, dove busseremo alle porte dello storico ed emblematico DOMAINE MARCEL DEISS.
Ci accoglie la famiglia, dedita alla viticoltura dal 1744, che ci racconta come Marcel Deiss fu il coraggioso protagonista della loro ascesa professionale.
Egli, abbandonato il mestiere delle armi, tornò alla terra alsaziana dopo il secondo conflitto bellico, fondò l’omonima azienda vitivinicola, e avviò il processo di zonazione del territorio. A tutt’oggi gestita da Jean-Michel Deiss e da suo figlio Mathieu, la Tenuta è composta da 27 ettari di vigneto suddivisi in 9 Comuni, estesi su 20km di territorio collinare.
L’estrema varietà di ogni singolo appezzamento ha condotto la famiglia ad un approccio più “borgognone” dove la priorità risiede nell’esaltazione di ogni singolo terroir, capace di esprimere magistralmente la propria impronta e la propria personalità. Non a caso questa azienda è stata la storica promotrice della gerarchizzazione dei “cru” alsaziani, legata alla memoria dello storico catasto.
I terreni aziendali presentano un’estrema varietà geologica relativa a diverse formazioni: argilla, marna e calcare dell’era secondaria, rocce granitiche dei Vosgi e terreni sedimentari quaternari. Questa notevole varietà ha condotto – con un’erosione rocciosa più o meno accentuata – alla formazione di una topografia unica capace di cingere il paesaggio con una serie di piccole colline separate una dalle altre e personalizzate da singoli microclimi. Fondamentale il gioco dei venti, che in queste vallate si muovono in veri e propri “corridoi”, nonché la presenza costante dei torrenti dei Vosgi. Gli assetti pedoclimatici sono così variegati che tra il vigneto di Altenberg e quello d Schoenenburg – distanti tra loro solo 10 km – l’epoca di vendemmia varia di almeno 10 giorni. Il clima è caratterizzato da una forte incidenza continentale e le stagioni sono ancora piuttosto marcate.
I principali vitigni alsaziani PINOT BEUROT, MUSCAT, RIESLING, PINOT GRIGIO, GEWURZTRAMINER, PINOT NERO si adattano perfettamente a questo genere di clima: buona resistenza al gelo, modesto fabbisogno di acqua (Colmar, con i suoi 550mm di acqua/anno è la città francese con minore piovosità), necessità di temperature elevate verso la fine del ciclo, maturazione lenta e tardiva in grado di favorire il sano sviluppo della Muffa Nobile.
Pinot Beurot? Di che si tratta? Il suo sinonimo è “Pinot di Alsazia” e si riferisce ad un biotipo di Pinot grigio, meno produttivo e dal carattere più rustico, grasso ed irruento.
La vigna viene storicamente allevata ad impianto misto: la tradizionale “complantation”, imprescindibile per Deiss, con forti densità d’impianto (da 8.000 a 12.000 ceppi/ettaro).
Diverse tipologie di uva vengono piantate nel medesimo vigneto, vendemmiate e vinificate insieme con un gioco di “compensazione naturale” tra le diverse caratteristiche aromatiche ed i loro differenti livelli di maturazione. La traduzione di questa tecnica in vino rende ancora più nitida la percezione globale di tutte le caratteristiche del territorio di origine, dei suoi vezzi, dei suoi capricci. Secondo il pensiero di Deiss impiantare un solo vitigno, se non addirittura un unico clone, impedisce la completa espressione di un territorio, come una persona il cui vocabolario troppo povero non consenta di esternare i sentimenti più profondi. I vini, dunque, non portano più il nome del vitigno, ma nominano – con orgoglio – il genius loci del loro luogo di origine. All’interno del concetto di terroir, oltre a geologia, pedologia, clima, tecnica, questa azienda pone l’accento sul proprio approccio alla campagna: un incontro armonico e rispettoso, dove diserbanti e concimi sintetici vengono banditi. Ci si rivolge – invece – all’aratura, alla zappatura, al compostaggio e all’inerbimento.
Come il panettiere lavora instancabilmente il proprio impasto, i terreni aziendali vengono assiduamente arati e vitalizzati.
Per i Cru viene inoltre praticata la zappatura delle radici superficiali, che si sviluppano ogni anno. Il vigneto risulta – in questo modo – rustico e sano e richiede solo un po’ di zolfo, dosi omeopatiche di rame, tisane di ortica, un pizzico di silice nei giorni favorevoli alla maturazione e, soprattutto, estremo rispetto e dedizione.
Per quanto concerne la vinificazione lo schema risulta variabile e non uniforme: tutto dipende dalle esigenze del terroir nella sua espressione d’annata. Unica prassi assodata: uve sane, pazienza ed amore. Prassi bandite: enzimaggio, selezione dei lieviti, filtrazione, zuccheraggio, acidificazione o disacidificazione.
Il motto aziendale risulta pertanto calzante:
“senza rischio niente libertà, senza libertà niente creazione”
In questo viaggio tutto ci parla di tradizione, rispetto ed integrità, eppure….le referenze di questa azienda sembrano capaci di scardinare appieno l’archetipo di vino alsaziano legato all’opulenza, alla surmaturazione, all’imperante titolo alcolometrico e all’onnipresente residuo zuccherino. Questo è il punto focale, e di questo ho avuto il piacere di discutere a lungo con Mathieu Deiss.
Mathieu, classe 1984, dopo il diploma in enologia all’università di Tolosa, comincia a lavorare nel comparto a partire dal 2007. Inizialmente si occupa del Domaine dello zio materno sito a Bennwwihr VIGNOBLE DU REVEUR, ed oggi arriva a prendere tenacemente in mano le redini della storica azienda famigliare. E’ un ragazzo radioso Mathieu, si eleva a potenza nel racconto di come un vino rispettoso e “naturale” possa risultare impeccabile, pulito, snello e colmo di personalità. Un sognatore con le mani sporche Mathieu, generoso ed orgoglioso.
Mi accompagna lui stesso all’assaggio dei vini aziendali, partendo dalle referenze di VIGNOBLE DU REVEUR, fino ai grandi Cru targati MARCEL DEISS
Potrei versare fiumi di inchiostro sul nettare alsaziano degustato a Milano, ma richiedo la vostra attenzione esclusivamente su due assaggi specifici, quelli che mi sono rimasti nel cuore, in grado di riaffiorare anche dopo molti giorni, semplicemente chiudendo gli occhi e riaprendo i sensi.
Si tratta di quelli che Mathieu chiama “vini del territorio”: specchio coerente del proprio paesaggio di origine.
ENGELGARTEN 1ER CRU 2017
Impianto misto con prevalenza di Riesling, Pinot grigio, Pinot Beurot, Pinot bianco, Pinot nero e Muscat.
L’Engelgarten o “jardin des anges” è uno dei territori più conosciuti di Bergheim. La sua natura ghiaiosa, il suolo bianco, il suo deficit idrico pronunciato, permettono di raggiungere ottime maturità fisiologiche delle uve. Il vigneto, abbastanza vecchio, è curato con rigore: potatura molto corta, aratura, zappatura, compostaggio. La vigna ha una resa bassa ed una magnifica complessità.
Nel calice l’oro risplende timido ma polposo. Il ventaglio olfattivo è travolgente: agrumi macerati ed ananas, insieme a frutta bianca matura ed albicocca, il tutto avvolto in manto minerale pungente. Il sorso è grasso e pieno, perfettamente bilanciato dal gusto “roccioso” e da un leggero grip tannico. La freschezza, vivida, è giunta al suo massimo splendore: mi permetto di affermare di averlo assaggiato nel suo istante evolutivo più armonico. Il rigore costruttivo è decisamente minerale ed apre ad una lunga scia sapida appagante, gustosa ed elegante.
Una curiosità: questo appezzamento è il più vicino al villaggio di Bergheim ed era il luogo dove le coppie non sposate si rifugiavano per trovare appagamento nei propri abbracci… il “giardino degli angeli”
SCHOENENBOURG GRAND CRU 2015
Impianto misto con prevalenza di Riesling, vigna vecchia.
Schoenenbourg è la gemma del vigneto di famiglia di Riquewihr: un territorio localizzato a fondo valle, dal forte pendio, esposto a sud, terrazzato. Prima area di produzione classificata “grand cru” in Alsazia. Qui i terreni si fanno più marnosi mescolati ai tipici sedimenti ghiaiosi. La combinazione di un suolo leggero e drenante ad un substrato argilloso e fertile, con buona ritenzione idrica, sembra costituire la culla elettiva del Riesling, capace di regalare mirabili corpulenze ed assodata longevità. Si allontana leggermente dalla sua espressione varietale più tipica per vestire un abito diverso: più pepato, quasi affumicato.
Oro suadente e materico risplende nel calice. Il naso è delicato ma profondo, minerale fin dalla prima olfazione. Come una ballerina sulle punte danzano profumi di iris, selce, salvia. L’assaggio quasi intimidisce per il suo rigore, spiazza per la sua austerità, così lontana da ciò che ci si aspetta da questo territorio. Eppure il sorso risulta complesso, la percezione palatale profonda e nitida, persistente ed incredibilmente appagante. Un profondo pozzo dove sono sprofondati 50 grammi/litro di zucchero residuo. Ritorna alla mia mente l’immagine della ballerina: grazie al suo corpo tonico e muscoloso può muoversi con tanta grazia. Una potenza in evoluzione, un sorso puro e “religioso” che richiede contemplazione e pazienza
Un vino di eleganza aristocratica e persistenza da antologia. Prevedo, senza fatica, mirabile longevità.
Il viaggio volge al termine, salutiamoci scrutando un’ultima volta il paesaggio attraverso le parole di chi lo vive ed assapora ogni giorno: “celato da un poggio, un appezzamento denso, dai grandi ceppi inginocchiati e storti, chinati verso terra come monaci penitenti, lontani dai lussi del concime, avvolti nel silenzio e nella profondità del raccoglimento”