L’Irpinia è un territorio agreste esclusivo, un ambiente montuoso-collinare iper parcellizzato dove una moltitudine di varietà di vitis vinifera trova dimora.
Questa porzione di Campania, nel cuore dell’areale avellinese, è da tempo immemore epicentro della viticoltura di uve di alta qualità grazie alla combinazione di altitudine, pendii a buona esposizione, terreni variegati di natura calcareo argillosa e vulcanica, ventilazione e notevoli escursioni termiche.
Gli antichi vitigni Aglianico, Fiano e Graco sono il fiore all’occhiello di questa zona insieme ad altre gemme enologiche locali come Coda di Volpe, Falanghina, Piedirosso (conosciuto come Per’e Palummo) e Sciacinoso (meglio noto come Olivella).
Il vigneto medio irpino varia dai 0,5 ad 1 ettaro.
Ne deriva un territorio variegato ed inimitabile dal quale scaturiscono produzioni enogastronomiche che hanno nell’unicità il loro punto di forza.
Dall’esaltazione e dalla tutela di questa unicità è nato il focus del simposio tenutosi a Monteverde, in occasione dell’ultima edizione di “Calici nel Borgo 2023”, che ho avuto l’immenso piacere di progettare e mediare.
La rassegna, oltre al preventivo momento di indagine, ha proposto ai partecipanti un ghiotto approfondimento sulla longevità dell’Aglianico, nonché una lunga e festosa notte del vino tutto intorno all’ammaliante castello di origine normanno.
Monteverde è un piccolo Comune che domina dall’alto di uno sperone roccioso la valle dell’Appennino Campano a cavallo tra il torrente Osento e il fiume Ofanto.
Ci troviamo a 740 metri sul livello del mare, nel cuore della Comunità Montana dell’Alta Irpinia; da qui si gode di una vista privilegiata del Vulture e della sconfinata distesa verde della Foresta Mezzana.
Dal 2013 Monteverde fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia, un circolo che raccoglie piccoli centri italiani di spiccato interesse artistico e storico.
Monteverde è stato inoltre riconosciuto tra i paesi più accessibili d’Europa.
Quale migliore palcoscenico per discutere con i nostri ospiti di cultura e tutela del territorio.
Ho deciso di condurre il dibattito attraverso l’analisi di parole chiave, partendo da due concetti base da applicare al territorio: “anima” e “fascino”.
Nel primo risiedono i punti di forza dell’area presa in esame, nel secondo la loro visibilità, e le conseguenti strategie promozionali.
Partendo da una generica definizione di marketing territoriale abbiamo circoscritto le possibili azioni collettive da porre in atto per attirare nuove attività economiche e produttive, favorire lo sviluppo delle imprese locali e soprattutto promuovere un’immagine globale del territorio favorevole e dinamica.
A quest’ultimo concetto abbiamo associato la definizione di reputazione, come consolidamento dell’ immagine percepita all’esterno e come essenza stessa del brand.
Per promuovere tale immagine favorevole è emerso quanto sia fondamentale che i vari attori del territorio agiscano in sinergia, in una comunione di intenti e nel pieno senso di appartenenza al medesimo tessuto culturale e produttivo locale, in un processo di integrazione tra imprese, promozione culturale ed ambiente circostante.
Il Prof. Paoli, all’interno del suo libro del 1999 intitolato “Marketing d’area per l’attrazione di investimenti esogeni” sosteneva:
“ (…) Il diverso atteggiamento nei confronti dell’ambiente genera un diverso rapporto con esso perché il progetto «radicato» (non solo localizzato) evolverà solo se evolve e si sviluppa anche l’ambiente. Le imprese e le organizzazioni e le istituzioni presenti in un ambiente sono chiamate ad agire congiuntamente per lo sviluppo dell’ambiente nel quale operano”
Trovo che la propensione a agire in modalità sinergica presenti molteplici vantaggi: una più elevata specializzazione e replicabilità di strategie e procedure, la diffusione capillare delle capacità tecniche-organizzative degli individui, il trasferimento del know-how tra le imprese e le istituzioni, lo sviluppo delle attività terziarie e la capacità di attrarre capitali esterni.
Si è sostanzialmente fatto riferimento al concetto di coopetizione, cioè di come si possa lavorare insieme in un ambito comune, condividendo i medesimi obiettivi, pur operando in un proficuo contesto concorrenziale.
Le linee guida che sono trapelate rappresentano il DNA delle tante iniziative che hanno animato questo spicchio orientale d’Irpinia negli ultimi due anni; esse sono il risultato del project management del mio vulcanico amico Gerardo Vece, portabandiera della comunità irpina.
Tali rassegne si sono poste l’obiettivo, fin da subito, di costituire un paradigma rigenerativo capace di catalizzare e stimolare le energie di tutti coloro che intendono valorizzare questo territorio, le sue comunità e l’unicità della sua offerta enogastronomica.
La vera sfida per il futuro è tradurre questa energia in un format replicabile dall’appeal crescente, capace di attrarre, oltre che i flussi del turismo di ritorno, anche un pubblico di enoturisti da tutta Italia.
Fiera di far parte della squadra che anima questo ambizioso progetto, mi nutro anche quest’anno della collaborazione di illustri compagni di viaggio, su tutti il Prof. Giuseppe Festa, Direttore del Corso di Perfezionamento Universitario in “Wine Business”del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Salerno, e Simone Feoli, Delegato Onav Benevento, nonché impareggiabile narratore del gusto.
L’appuntamento tra i vicoli dell’incantevole centro storico di Monteverde è per tutti alla prossima estate.