Vino ed eros sono fonti di piacere indissolubilmente connessi, il confine può risultare così labile da fondersi.
Quanti degli odierni comunicatori del vino sono in grado di proporre un “linguaggio gustoso” capace di divulgare prima di ogni cosa il piacere?
Quanti canali social o siti di cantine usano parole carezzevoli e storie passionali per veicolare il proprio sex appeal?
Pochi, ahimé, sono i narratori del gusto capaci di appagare l’appetito del pubblico innanzitutto con il linguaggio. Troppi quelli che sacrificano la seduzione sul freddo altare del registro tecnico-analitico, dello snobismo.
Guardatevi intorno, le strategie comunicative del comparto sono fatte con lo stampino: luoghi comuni, elenchi di sentori come liste della spesa, foto di famiglia, calici colmi, tradizione e innovazione.
Insomma, non sono certo io la prima a sottolineare la stretta parentela tra enogastonomia ed erotismo, cucina e procreazione, degustazione e bacio. Eppure, guardandomi intorno, non colgo questa sinergia in nessun piano di marketing, né tantomeno riscontro il protagonismo del piacere di vivere e della sua sorgente naturale, i sensi.
Dal punto di vista biologico, i processi ricettivi riguardano gli organi di senso e le vie nervose che da essi provengono. Sono seguiti dai processi percettivi che coinvolgono i livelli più alti della corteccia cerebrale.
I dati sensoriali raccolti danno successivamente origine ad un mosaico di sensazioni elementari che vengono integrate con altre informazioni e sintetizzate nella percezione attraverso i meccanismi dell’associazione e dell’esperienza.
Se tutti i sensi sono fisici, in quanto parte della nostra “attrezzatura corporea”, olfatto, gusto e tatto (soprattutto quello orale) lo sono in misura tale da essere considerati i più “carnali”
Sono i protagonisti della degustazione, i sensi più edonistici ed erotici, a tavola come nelle trame del gioco amoroso.
L’appagamento del palato e quello dell’amore condividono la bocca come via d’accesso che permette di accogliere, assimilare, fondere.
E continuando con i paralleli amorosi come non citare la reazione agli odori. Così come i piaceri del palato vengono anticipati dal profumo di un vino, di un olio o di una pietanza, così nell’attrazione fisica gli odori del corpo sono ingredienti segreti capaci di rendere inconfondibile la persona desiderata.
L’olfatto, che ai giorni nostri risulta il senso più sfuggente, diventa protagonista del gioco con il suo potere evocativo, capace di accarezzarci attraverso la parte emozionale del cervello.
Il tatto, da canto suo, è sensualmente decisivo nell’azzerare le distanze tra materia e corpo.
Il gusto, a sua volta, rappresenta l’accorpamento completo del soggetto con l’oggetto.
Quando degustiamo il nostro vino olfatto, gusto e tatto si aggregano nel complesso piacere del palato in un voluttuoso gioco multisensoriale e precognitivo.
La vista smette finalmente di essere il senso dominante permettendo al tempo di dilatarsi, tarandosi sulla partitura del diletto.
Anche l’udito siede in seconda fila, ma resta vigile e pronto a cogliere le molteplici vibrazioni della materia, come i sussurri di un amante.
Mi sembra palese, dunque, che la centralità dei sensi sia colonna portante del nostro settore, potenziale protagonista di un linguaggio percettivo in grado di connettere sul piano relazionale il narratore con il fruitore, in maniera primordiale.
In un momento storico in cui ci si interroga frequentemente sulle nuove rotte della comunicazione del vino, in relazione al calo dei consumi e al disinnamoramento delle nuove generazioni, il primo fattore di “inclusività” potrebbe risiedere proprio nella seduzione.
D’altronde vino e parole sanno bene come accendere la passione.