Le Marche le scoprirai all’infinito

5 Settembre 2024

AFFINAMENTO DELLA CONOSCENZA

Sempre più ricco ed approfondito, il calendario delle Convention nazionali delle Donne del Vino contempla l’esplorazione delle regioni ospitanti ma, soprattutto, lo studio meticoloso dei distretti vitivinicoli e del patrimonio autoctono della meta di destinazione. Non potrebbe che essere così, d’altronde, in un paese dove la lunga storia di tipicità ha condotto verso un record di biodiversità con ben 642 varietà di uva da vino iscritte al Registro Nazionale.

WhatsApp Image 2024-07-12 at 20.42.07 (1)

Quest’anno è stato il turno delle Marche, unica regione italiana “al plurale”, con la sua tradizione enoica di origine piceno-sannita ed il profilo geografico ed ampelografico diviso in due dall’imponente promontorio del Conero. A Nord echeggia l’influenza romagnola, nella parte meridionale quella abruzzese. Dolci colline verdi, campi di girasoli che si alternano a cereali, viti ed ulivi in una campagna florida e composta, montagne incontaminate dall’uomo, vallate ordinate che conducono all’Adriatico punteggiate da rocche medioevali e castelli, questa la cartolina che ha accompagnato il viaggio delle centocinquanta Donne del Vino provenienti da tutte le delegazioni italiane.

Un viaggio che, come di consueto, ha permesso al gruppo di consolidare la propria rete, condividere progetti e talenti ed approfondire la conoscenza di un luogo dove i frutti della terra ed i dialetti cambiano a distanza di pochi chilometri, autentici e coinvolgenti.

Personalità e qualità dei vini, ma anche grande frazionamento delle aziende, sono le luci e le ombre che contraddistinguono il ragguardevole potenziale non del tutto espresso di questa regione, dove l’eccellenza enogastronomica, la sostenibilità e l’enoturismo possono essere concreti driver di sviluppo. Nelle Marche il territorio è caratterizzato prevalentemente da colline con terreni compatti dal substrato calcareo, ricchi in minerali, che incidono sulla spiccata sapidità dei vini.

Il vigneto si estende su 15.600 ettari, di cui il 42,7% allevati in regime biologico (seconda regione “bio” italiana). Nell’entroterra il clima si fa più continentale ed il terreno marnoso calcareo costituisce l’habitat elettivo per il Verdicchio. Sulla costa i suoli intrisi di sedimenti marini beneficiano dell’incidenza dell’Adriatico, garantendo versioni di Montepulciano di notevole eleganza. Nella Marca Pesarese prevalgono Sangiovese e Biancame, base del Bianchello del Metauro, prodotto da soli 16 imbottigliatori in tutto l’areale.

La Marca Anconetana fa perno sull’espressività delle uve tipiche locali: Verdicchio, Montepulciano e Lacrima, mentre quella Maceratese contiene le perle di Matelica e Serrapetrona, dove Verdicchio e Vernaccia nera si esprimono nella loro più assoluta rarità. La Marca Ascolana, infine, rappresenta l’area più produttiva di tutta la regione, tinta di Rosso Piceno e contraddistinta dalla copiosa produzione di Pecorino.

Tutte queste variegate sfumature si sono espresse nel corso delle tante degustazioni proposte dalle Donne del Vino Delegazione Marche, attraverso visite aziendali, walk around tasting e masterclass di approfondimento.

Quanti amanti del vino sanno che il primo spumante al mondo è stato opera di un marchigiano? Il medico di Fabriano Francesco Scacchi descrisse per primo la presa di spuma nel 1622, almeno trent’anni in anticipo rispetto al monaco francese Dom Perignon nell’abbazia di Hautevillers.

Un dato storico che ben conferma la vocazione spumantistica di questa regione. Scacchi scriveva che i vini frizzanti piacciono per la loro “proprietà solleticante e per la freschezza dell’aroma” ed una delle poche copie del suo trattato scientifico è stata acquistata dalla famiglia trentina Lunelli nel 1997, per la modica cifra di 14 mila sterline.

MASTER

Durante la masterclass proposta a Jesi il 20 giugno abbiamo tastato il polso del Metodo Classico marchigiano spaziando da piccoli produttori fino a punti di riferimento storici della regione, veri e propri portabandiera del comparto. Si parte con l’unico campione da vitigni internazionali: la Gran Cuvée 2017 di Velenosi, 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero, con sosta di 72 mesi sui lieviti ed un profilo evolutivo ancora contenuto, scandito da una carbonica vivace ed una predominanza agrumata.

A seguire una vera e propria scoperta: il Vissanello, ovvero il “vino del pastore”, antico vitigno tradizionale di Cupi, variante arcaica del Pecorino, ricavato da viti a piede franco di oltre 130 anni. Il Vissanello rappresenta il cuore della produzione dell’Azienda Agricola Coppacchioli, nata nel 2016, alfiere della viticoltura eroica dei Monti Sibillini. Il suo Metodo Classico non dosato viene realizzato in 560 unità e racconta l’anima dei vigneti d’altura con salvia, agrumi e cenni di idrocarburo che scorrono freschi, semplici e lineari. Dopo questa bella scoperta (confesso fosse il mio primo assaggio di Vissanello) è stato il turno del Verdicchio, dedicato – non a caso – a colui che nel 1843 ne intuì il potenziale spumantistico.

Ubaldo Rosi è il nome del Metodo Classico che l’azienda Colonnara di Cupramontana dedica a questo pioniere della bolla da Verdicchio, interpretato in una versione poco dosata, balsamica, floreale, mediterranea, con la tipica chiusura ammandorlata che ci si aspetta da questa uva. La batteria dei rosé ci propone un varietale dal profilo aromatico inconfondibile: viola, piccoli frutti rossi e scia pepata punteggiano l’assaggio della Lacrima di Morro d’Alba dell’azienda Vicari, base 2019 e dosaggio naturale di meno di un grammo/litro. Come non chiudere con la cantina che rappresenta la storia della spumantistica marchigiana.

L’azienda Garofoli, infatti, esordisce con il suo primo Metodo Martinotti nel 1949 e con quello Classico nel 1974. Il Brut Riserva Rosé è foriero del profilo fruttato del Montepulciano che, in questo spumante, viene enfatizzato da una spuma fine e cremosa.

La cantina in questione è stata la prima a cimentarsi nell’utilizzo di Montepulciano in purezza per il Metodo Classico e, a tutt’oggi, continua a produrlo in quantità limitata. Se questa variegata batteria di bolle regionali non fosse bastata ad omaggiare la nitida personalità marchigiana – così intrisa di storia – ci ha pensato il secondo approfondimento proposto presso il ristorante Marchese del Grillo a Fabriano a definire il profilo qualitativo di questa regione.

Quando il tema diventa la “longevità” il pensiero corre immediatamente al Verdicchio che – in quanto a capacità di invecchiare con stile – è probabilmente la bacca bianca di riferimento del nostro paese.

Le colleghe marchigiane hanno voluto dedicarci delle vere e proprie sorprese. Siamo partite con il divertente Bianchello del Metauro Superiore, proposto da Crespaia nella sua annata 2019, per poi passare al Pecorino Offida DOCG di Velenosi, annata 2018, e chiudere con una attraente Ribona dei Colli Maceratesi di Fattoria Forano, annata 2014.

Ma veniamo al clou della degustazione con la performance del Verdicchio, uva capace di declinarsi in ogni tipologia di vino, di invecchiare con gusto e di palesare una notevole affinità con la maturazione in legno. Una delle tante varietà italiane battezzate per il colore delle sue bacche, ha una maturazione lenta ed uniforme – che determina la complessità dei suoi vini – ed un alto livello di acido tartarico, a garanzia di un sorso teso e croccante e di una predisposizione naturale all’invecchiamento. Lo si riconosce subito grazie al gioco delle parti tra freschezza e corpo, che si allunga nel sorso su un tipico tappeto sapido.

Tenuta di Tavignano apre le danze con il suo Misco 2018 Castelli di Jesi DOC Classico Superiore, figlio di un’annata calda, ma comunque elegante, equilibrato e complesso, con note salmastre, scorze d’agrume, cenni balsamici, lavanda e mandorla.

Grazie a Sartarelli andiamo indietro nel tempo fino al 2011 ed assaggiamo una versione di Balciana che esprime nel calice melacotogna, albicocca, fiori gialli macerati, composta di arancia amara, timo e iodio.

L’azienda in questione sviluppa un progetto monovarietale e con questa referenza dimostra come il Verdicchio risponda alla surmaturazione, possibile esclusivamente nel piccolo vigneto dal quale provengono le uve del Balciana, vendemmiate – a seconda dell’andamento annuale – tra l’inizio e la prima metà di novembre.

Le Donne del Vino delle Marche ci congedano con un pregevole regalo: una vitale versione della vendemmia 1991 del Cuprese dell’azienda Colonnara, ancora lucente ed espressivo, dove la gelatina di agrume è intarsiata da eucalipto e Cuprense su uno sfondo vegetale di decotto, contraddistinta da un sorso ancora dinamico. Ringraziamo la cura e la solarità di tutte le colleghe marchigiane che hanno saputo svelarci la loro regione giocando tra arte, sapori e tipicità, condensando il fascino delle Marche in un denso e saporito viaggio scandito con calorosa partecipazione affettiva.

IMG_7673 2