ESSERE VIGNAIOLO

26 Maggio 2023

FUNIATI ARTIGIANI VITICOLTORI

Quando penso al mio amico Marco Funiati mi viene subito in mente il concetto di “vocazione”

Disposizione d’animo che induce l’uomo a determinate scelte (…)
Inclinazione, propensione naturale all’esercizio di una determinata professione o arte (…) tendenza a un determinato modo di vita.

Il dizionario spiega nel dettaglio quanto un moto interiore possa tradursi in ragione di vita.

E Marco ne é un esempio lampante.

Giovane salentino figlio della campagna, bonario e sorridente, si laurea in ingegneria e viaggia per l’Europa. 

Nel 2018 il richiamo della terra lo riporta alle origini ed il rinnovato contatto con la vigna innesca in lui l’intento di far nascere qualcosa di nuovo.

Nel 2019 l’incontro con l’enologo Marco Mascellani determina i presupposti  stilistici della “Funiati Artigiani Viticoltori” che, nel 2020, imbottiglia la sua prima annata, realizzata con il supporto di una cantina terza. 

Basta attendere due anni affinché l’obiettivo di vinificare in una cantina di proprietà diventi concreto: la nuova struttura – progettata in prima persona da Marco – è l’embrione di un futuro polo di produzione ed accoglienza.

Ma di questo parleremo dopo.

Dove ci troviamo?

I vigneti della famiglia Funiati sono ubicati nell’areale di San Pancrazio, nel cuore della Doc Salice Salentino, in una delle porzioni più fertili di questa zona ad alta vocazione vitivinicola, nella porzione Nord Ovest della provincia di Lecce.

In quest’area i terreni sono ricchi di sostanza organica, con strati profondi di sabbie concrezionate molto drenanti e friabili, vere e proprie “spugne di acqua”.

Il mar Jonio è poco distante e le brezze che ne derivano sono fondamentali per la salubrità delle uve e le preziose escursioni termiche.

Il manifesto parla chiaro: valorizzare il territorio attraverso l’esaltazione del patrimonio autoctono locale.

Passeggiare tra i filari del vigneto di Marco è una consuetudine per me.  Grazie a questi sopralluoghi ho imparato sul campo molte  nozioni agronomiche studiate nei libri.

Mentre lo accompagno ad ispezionare le piante e lui mi racconta delle difficoltà dell’annata in corso, il suo telefono non smette mai di suonare: c’è da rispondere ad un fornitore, elaborare un listino di vendita dedicato, confrontarsi con i colleghi in merito all’andamento della peronospora, coordinare la squadra per gli interventi del giorno successivo.

Un kamikaze, una Dea Kali,

one man show” – se preferite.

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Marco è un vero artigiano del vino ed il suo pensiero orienta ogni scelta: dalla tipologia del portainnesto, al pack design, alle strategie distributive.

Sin dagli esordi è diventato membro attivo del gruppo Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), che incarna lo spirito di tutti quei produttori responsabili del completo ciclo produttivo del proprio vino: dalla coltivazione delle uve fino all’imbottigliamento e commercializzazione del prodotto finale. 

I vignaioli associati sono attualmente 1.500, provenienti da tutte le regioni italiane.

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L’azienda Funiati si estende su 25 ettari, di cui 13 vitati dedicati al Negroamaro, Primitivo, Susumaniello e Fiano, curati da Marco insieme al padre Mimino, che sulla storia della viticoltura salentina potrebbe scrivere un libro.

A breve si concluderà il processo triennale di conversione in regime biologico.

Per quanto concerne la nuova cantina, sono lieta di averla vista sorgere, austera e rigorosa, abbracciata dai vigneti.

Anche se in via di costruzione, è già in grado – ad oggi – di sostenere vinificazione, affinamento, imbottigliamento e stoccaggio. 

Marco afferma che “finché si vive in un cantiere aperto significa che ci sono progetti in corso” e – conoscendolo – saranno sempre più ambiziosi.

Uno degli investimenti più importanti  è stato quello relativo alla nuova pressa in riduzione, secondo esemplare nel suo genere qui in Salento.

Il suo utilizzo ha determinato l’innalzamento della qualità dei mosti, inteso come esaltazione della fragranza e dell’integrità varietale delle uve.

Inutile dirsi che Marco utilizza solo la propria materia prima, vinificando le singole parcelle e separando i livelli di pressatura.

L’acciaio è il padrone di casa, e quando si ricorre all’uso del legno, lo si fa utilizzando botti poco tostate e certamente non nuove.

La produzione aziendale si attesta intorno alle 12.000 bottiglie, suddivise tra la linea  “Morigine” ed il top di gamma “Passo del Moro” Negroamaro Selezione.

Importanti novità sono in arrivo per dare spessore al giovane catalogo.

Con la vendemmia 2023, infatti, al Negroamaro rosato si affiancheranno anche il Primitivo ed il Susumaniello per comporre una “linea didattica”capace di accompagnare il consumatore alla scoperta delle sfumature dei principali autoctoni pugliesi declinati in rosa. 

Ad affiancare il Passo del Moro nella categoria premium ci sarà un secondo vino “da cru”: un Primitivo in purezza, al quale Marco presto darà il nome di battesimo.

Dopo averlo assaggiato in anteprima dalla vasca posso affermare che si tratta di una versione di Primitivo lontana anni luce dal suo stereotipo cotto ed opulento.

Il profumo si è palesa ricco e variegato ed invita fin da subito a scovarne l’identità: frutta rossa integra e fico si intrecciano ad alloro ed eucalipto, noce moscata e tabacco biondo.

Il sorso è fruttato e nel contempo teso, con un tannino esuberante bilanciato dall’acidità; il passaggio in legno è delicatamente sfumato ed il risultato complessivo è già di ottimo equilibrio, fin da questa preview.

L’arma vincente di questo vino è costituita dalla materia prima: uve da alberello provenienti dal piccolo appezzamento di Torre del Cardo, un vigneto aziendale di 60 are con resa media di 30 quintali/ettaro, rigorosamente vendemmiato a mano.

I cloni sono quelli manduriani del 46H e del cosiddetto “Storico”.

Avremo il piacere di conoscerlo ed assaporarlo alla fine di quest’anno.

Giunti al termine di questo breve “diario di un vignaiolo indipendente” non può mancare un assaggio tecnico.

Ho selezionato per voi uno dei vini  più divertenti, affidabili e coerenti di questa cantina: il Fiano.

La vigoria di queste piante è tradotta da Marco in impianti a guyot e l’adattamento ai suoli di quest’area è decisamente propizio.

Non a caso l’Università di Lecce ha avviato un progetto di studio connesso proprio a questo specifico vigneto.

Il profumo del suo mosto è uno degli odori che alberga stabilmente nel mio database sensoriale ed ogni volta che lo incontro nel calice si spalanca un  sorriso compiaciuto.

FUNIATI – MORIGINE BIANCO 2022

IGT Salento – Fiano 100%

Pressatura in iper riduzione e vinificazione in acciaio, utilizzo del solo mosto fiore, tre mesi di sosta sulle fecce fini con frequenti movimentazioni. 

All’olfatto dominano i fiori gialli e carnosi: soprattutto camomilla ed acacia, intrecciati ad un profilo fruttato dominato dagli agrumi, ma capace di aprirsi su albicocche e nespole mature. Sullo sfondo echi di lavanda.

Il sorso è voluminoso, a testimonianza della sosta sulle fecce e della natura varietale della bacca; il frutto si esprime con  coerenza e viene rinfrescato da una acidità vivace ed appagante.

Un vino baciato dal sole, schietto e semplice, pulito, ben fatto.

Venite a trovare Marco a San Pancrazio: non troverete ancora una tasting room dotata di ogni confort, ma una tovaglia tra i filari vi accoglierà per chiacchierare insieme sull’autenticità del vino.

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