BOLLE COL TACCO

12 Aprile 2023

VIAGGIO ESPERIENZIALE
NELLE "BOLLICINE DI MARE" PUGLIESI

E’ il secondo giorno della 55a edizione del Vinitaly, dopo una domenica densa e geneticamente improntata – oltre che al trade – anche all’incontro con fiumi di winelovers sempre più esigenti e preparati, oggi è la giornata nella quale ho il grande piacere di condurre una masterclass dedicata alla crescita qualitativa della spumantistica pugliese. 

Anteprima Bolle di Puglia” è la versione veronese della kermesse delle Donne del Vino della Delegazione Puglia: un evento di promozione culturale che ogni anno prende vita nelle più svariate location pugliesi, proponendo agli appassionati di bollicine l’esplorazione della variegata offerta regionale.

Davanti (anzi “insieme” – come piace a me) ad una ricca ed attenta platea  di operatori, ho proposto un viaggio esperienziale in lungo e in largo per il tacco d’Italia, dove la storia millenaria inscritta tra i filari dei vitigni autoctoni diventa protagonista del contemporaneo exploit degli spumanti regionali.

Dal Salento alla Valle d’Itria, dalle Murge al Tavoliere, ci siamo immersi in una serie di territori dalla profonda ed antica vocazione vitivinicola, dove i produttori più lungimiranti hanno saputo declinare in “bollicina di mare” il proprio terroir.

La categoria degli spumanti vive da più di un ventennio un periodo di costante e solida ascesa tra le preferenze dei consumatori mondiali. 

Nel 2022 l’Italia – prima produttrice europea a volume – ha battuto il proprio record  di bottiglie sfiorando il miliardo di unità, in un periodo di fortissima espansione del comparto, dove si è addirittura superato il record straordinario archiviato nel 2021, anno del “revenge spending” post covid. 

Due terzi della produzione ha intrapreso la via dell’export, soprattutto in direzione del mercato statunitense, inglese e giapponese.  

Nello stesso anno l’Italia ha conseguito un +25% in volume anche sul mercato francese, giocando ovviamente una partita di prezzi ben diversa da quello dello Champagne.

Parlando dunque di questi flussi e riferendoci ad una categoria col prezzo medio molto più alto del vino fermo, comprendiamo subito l’entità del business al quale ci stiamo riferendo.

In risposta a questa crescente domanda del mercato anche le zone italiane non storicamente vocate hanno avviato le proprie sperimentazioni in merito alle bolle trainate, peraltro, dalla diffusa  curiosità per i vitigni autoctoni.

Non a caso l’Italia è arrivata a spumantizzare una rosa di ben 50 vitigni nazionali.

Se da un lato registriamo un oggettivo sovraffollamento di etichette derivato dalla scelta indiscriminata di uve da spumantizzare – spesso non propriamente predisposte – dall’altro abbiamo la possibilità di scoprire vere e proprie “rivelazioni” decisamente promettenti: vitigni ad alta vocazione sui quali inscrivere la poesia dell’autolisi.

A volte la produzione della bolla è essenzialmente dettata dal completamento della gamma di una specifica cantina – come se l’ampliamento del catalogo fosse imprescindibile – altre volte palesa un attento e meticoloso processo di ricerca, di più ampio respiro. 

La mia impressione globale, tuttavia, è che la produzione pugliese sia destinata a crescere sotto il profilo del valore, non solo del volume.

Quali prospettive, dunque, per la categoria in termini di export? 

Ad oggi i numeri sono ancora limitati e le etichette poco note, ma il punto di forza dell’unicità dettata dalla tradizione dei vitigni autoctoni, del profilo “territoriale” diventa sempre più topico per la conquista dei mercati.

“Mare, vento e sole” non sono il semplice claim delle vacanze estive pugliesi, ma diventano gli elementi cardine per comprendere e comunicare la personalità e la salubrità delle uve pugliesi, protagoniste assolute degli spumanti che ho avuto il piacere di condividere con i miei ospiti.

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Facciamo due passi indietro nel passato: quando nasce storicamente la bollicina pugliese?

Un primo manoscritto del 1871 racconta della “Verdeca di Gravina” ottenuta dall’omonimo vitigno, insieme a Bianco d’Alessano e Malvasia bianca; il vino, nel fresco delle cantine ipogee non portava a termine la propria fermentazione, che ripartiva spontaneamente con l’innalzamento delle temperature, verso marzo, donando al vino effervescenza ed un sorso leggermente abboccato.

Per quanto riguarda le vinificazioni con il Metodo Charmat, i primi pugliesi furono Alfonso del Sordo a San Severo e Leone De Castris a Salice Salentino, negli anni ’60.

Per il Metodo Classico la data del 1979 è emblematica: anno di nascita dell’azienda pionieristica D’araprì che dedica la sua produzione esclusivamente alla bolla nobile. Il progetto è inizialmente incentrato sull’autoctono Bombino bianco, uva dal profilo varietale neutro, media alcolicità, ottimo corredo acido, e quindi perfetta base per lo spumante. D’Araprì, dopo anni di sperimentazione, rende il distretto di San Severo capitale della spumantistica pugliese ed ispira numerose altre aziende regionali ad avviare il medesimo percorso di ricerca. 

Ad oggi la Puglia produce più di 450.000 bottiglie di Metodo Classico e 4 milioni di Metodo Charmat, numeri decisamente in crescita che sarebbe opportuno cominciare a monitorare attraverso un osservatorio regionale dedicato.

Dalla Capitanata al Salento ogni angolo della regione è coinvolto.

Vediamo insieme quali assaggi hanno animato il nostro viaggio, partendo dalla rifermentazione in autoclave, estremamente vocata all’esaltazione varietale, dalla beva semplice ed accattivante, briosa e fruttata.

CARDONE – PROSIT BIANCO FRIZZANTE 

Verdeca e Bianco d’Alessano

La bollicina di Marianna Cardone è di una immediatezza e freschezza disarmanti: floreale, agrumata, con sottili note vegetali e sottofondo di pera, pronta a regalare un sorso sbarazzino e vivace.

 

VETRERE – AUREO

Minutolo

Francesca Bruni esalta la schiettezza di questo vitigno dall’inconfondibile aromaticità: profumo di uva moscato, legno di rosa, sbuffi di coriandolo, sfondo minerale, sorso morbido ben equilibrato da una persistente sapidità.

 

CAIAFFA – ROSÉ BRUT  

Nero di Troia

Angela Caiaffa esalta il metodo Charmat con una sosta in autoclave protratta fino a sei mesi: la bolla si assottiglia e le note autolitiche emergono intrecciate al frutto. Grande cremosità, piccolo frutto di bosco croccante, valzer di lampone e mirtillo, salvia e leggera mentuccia. Sorso elegante di percezione “scura”, finale amaricante per nulla invasivo e lunga e gradevole sapidità.

 

MADRI LEONE – SALINE ROSA  

Nero di Troia

Linda Leone ci invita ad “assaggiare” il tramonto sulle saline di Margherita di Savoia attraverso il suo spumante rosé dal ricco corredo floreale intriso di note marine, dal sorso agrumato e verticale, che chiude con una piacevole scia sapida.

 

PRODUTTORI DI MANDURIA – AKA CHARME 

Primitivo

Anna Gennari è la portavoce della Cooperativa che ha scritto una parte importante della storia del Primitivo di Manduria e ce lo propone in versione spumantizzata, dove l’immancabile frutto che contraddistingue questo vitigno domina la scena tra effluvi di fragola e ribes rosso, cenni di erbe mediterranee ed immancabili note marine. 

 

Ed ora una panoramica sulla rifermentazione in bottiglia, con tre assaggi di Metodo Classico da monovitigno autoctono.

 

DUE PALMECUNTAMÉ Metodo Classico

Negroamaro

Antonella Maci – in anteprima mondiale – ci propone il nuovo Metodo Classico della sua azienda, degorgiato da pochissimi giorni, ma già foriero dei caratteri nobili del Negroamaro. Base vendemmiale 2020, dosaggio extra brut, 24 mesi sui lieviti

Il naso, se pur “nervoso”, afferma già il suo carattere agrumato e salino, con cedro e macchia mediterranea a dominare, dal sorso verticale ed asciutto, di grande austerità ed eleganza. Bottiglia ancora “nuda” che entrerà sul mercato non prima di luglio.

 

RIVERA 1950 – Metodo Classico

Bombino Nero Rosé

Marilla Urciuoli De Corato propone l’assaggio del suo Bombino nero, bacca tipica delle colline dell’Alta Murgia, naturalmente vocata alla vinificazione in rosa con carattere succoso e sapido. Base vendemmiale 2019, degorgiato a novembre 2022, non dosato, 36 mesi sui lieviti.

La bolla è delicata e setosa e trascina un profilo fruttato maturo incentrato sulla fragola e sul melograno; il sorso è minerale e chiude con una elegante e calibrata scia amaricante.

 

TENUTE RUBINO – SUMARÉ 30 MESI

Susumaniello Rosé

Romina Leopardi è la “padrona di casa” quando si parla di Susumaniello: vitigno di valore, non di volume, che la sua azienda alleva e vinifica con disciplinari rigorosamente orientati alla qualità. Base vendemmiale 2017, degorgiato a maggio 2022, dosaggio brut.

Vino fine e sottile dal naso complesso che alterna il piccolo frutto rosso alla nota salmastra ed alla frutta secca; il sorso – in grande coerenza – è teso e croccante.