SUCCO DI LUNA

18 Novembre 2022

MOSCATO DI SCANZO:

DOLCE E ROSSA ECCELLENZA ITALIANA

Luigi Veronelli ha legato la sua vita al territorio bergamasco e, in ogni occasione, ha decantato le lodi di un vino locale – a suo avviso – unico e raro: il Moscato di Scanzo.

Prodotto nella seconda area a Denominazione di origine controllata e garantita più piccola d’Italia (la prima è l’abruzzese Tullum), nasce da un vigneto di 31 ettari consacrati a questo nettare rosso e dolce, capace di riempire il calice con tutta la storia di uno dei vini più originali ed antichi del Belpaese.

21 produttori totali per 60.000 bottiglie annue: una vera e propria rarità, prodotta esclusivamente in questa specifica zona, ad almeno 350 metri sul livello del mare, poco distante dalla città di Bergamo.

Il nome Moscato di Scanzo deriva dalla cittadina di Scanzorosciate, combinazione tra “Scanzo” – nome di un centurione dell’esercito di Giulio Cesare, e “Rosciate” – in riferimento al colore rosso.

L’omonima uva – aromatica a bacca rossa – viene allevata esclusivamente nelle vigne terrazzate del monte Tre Croci: un vero e proprio “giardino” ad elevata pendenza caratterizzato da una formazione calcareo marnosa i cui affioramenti assumono un colore grigio plumbeo, che ricorda in qualche modo il suolo lunare.

Non a caso i cavatori bergamaschi chiamavano questa roccia “sas de lüna”.

Questo terreno – condizione sine qua non perché la vigna possa essere destinata al Moscato di Scanzo – è caratterizzato da un ricca e variegata componente minerale ed una scarsa disponibilità idrica.

Ne conseguono vini dall’alta acidità e dalla beva sapida e rinfrescante, decisamente mai stucchevole.

Il grappolo è di media dimensione, alato e spargono, dal colore nero bluastro, copiosamente coperto di pruina; presenta una buona resistenza ai patogeni, ma è particolarmente sensibile alla muffa grigia. Matura tra fine settembre ed i primi di ottobre.

Durante la vendemmia l’uva viene raccolta esclusivamente a mano e selezionata con cura, grappolo per grappolo. Le rese variano dai 40 ai 70 q/ha.

L’appassimento, da disciplinare, dura almeno 21 giorni in essiccatoi naturali, oppure in locali termo condizionati, con controllo giornaliero dello stato di avanzamento della disidratazione.

La vinificazione avviene in acciaio oppure in cemento vetrificato, al fine di preservare la deliziosa anima speziata di questo vitigno.

L’elevazione, tra inox e bottiglia, deve protrarsi almeno 2 anni prima della messa in commercio.

Il prezzo medio della bottiglia (500 ml) si attesta tra i 35 e 55 euro.

Il Moscato di Scanzo, così come il Moscato Giallo ed il Moscato Rosa sono diretti discendenti del Moscato Bianco, in questo caso ibridato spontaneamente con un vitigno a bacca rossa a tutt’oggi sconosciuto. 

La Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano – insieme alla Provincia di Bergamo – sta sviluppando un progetto di ricerca genetica sulla mappatura del Dna di questo raro ed unico vitigno bergamasco.

Nonostante il riconoscimento della Docg sia piuttosto recente (2009), le prime fonti storiche attestano la produzione di Moscato a Scanzorosciate già a partire dal primo secolo a.C., probabilmente portato sui colli dalle legioni romane, ricompensate con i terreni coltivabili bergamaschi per le vittorie riportate sui Galli.

La prima testimonianza ufficiale è datata 1347, e successivamente compaiono documenti in grado di attestare la disputa tra Guelfi e Ghibellini per ottenere le ambite botticelle di “moscadello”. Nel corso del 1700 l’architetto bergamasco Quarenghi, autore del progetto del Palazzo d’Inverno, dona questo vino a Caterina II di Russia, ampliando i confini della notorietà del prodotto.

Il Consorzio di tutela del Moscato di Scanzo, nato nel dicembre del 1993, raggruppa 19 dei 21 produttori del territorio ed agisce secondo la volontà collettiva di perseguire l’eccellenza, attraverso la tutela del marchio come massima espressione di qualità, garanzia ed unicità.

Grazie al Consorzio, il gruppo coeso di produttori si è allineato intorno al medesimo pack design in grado di far riconoscere il Moscato di Scanzo a livello internazionale: una sola bottiglia per tutti i produttori, bordolese a spalla stretta, rigorosamente da 500 ml; un logo condiviso che faccia da ombrello alla Denominazione ed uno specifico calice come strumento più idoneo alla degustazione del vino, al fine di esaltare al meglio le sue uniche ed accattivanti caratteristiche organolettiche.

Andiamo a conoscere l’anima esclusiva di questo vino, scegliendo di degustare il passito prodotto da uno dei 19 soci del Consorzio, nell’area più ad Est dell’areale.

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MARTINI – COL DI PASTE 2017

MOSCATO DI SCANZO DOCG

Moscato di Scanzo passito 100%

 

Il rosso rubino ha perso la sua giovanile concentrazione, ma rimane comunque luminoso e vivace.

All’olfatto si dichiara complesso e correttamente evoluto: l’amarena è percepita in confettura, la prugna è secca e la rosa ormai disidratata. Fanno capolino cenni di salvia, definitivamente confermati all’assaggio.

Quello che più colpisce, però, è decisamente la speziatura tipica del varietale: un pepe nero pungente ed ammaliante, sostenuto da una timida cannella e lievi cenni di tabacco.

Il ventaglio olfattivo è innegabilmente ricco ed elegante.

Il sorso si dichiara figlio di un’annata piuttosto calda, pur non sconfinando nell’eccessiva pesantezza. La dolcezza, in bocca, risulta moderata: 80 gr/l di residuo zuccherino ben equilibrati dalla vivida acidità e dalla saporita sapidità, nonché da un tannino voluminoso, centrale e ben amalgamato.

Lungo la scia della persistenza fanno capolino nuovi sentori agrumati, in particolar modo il chinotto amaro.

Da non farsi mancare il coup de nez a calice vuoto: uva passa, cioccolato e – manco a dirsi – tanto piacevole pepe nero.

Assaporando questo prodotto di nicchia, vale decisamente la pena accendersi un bel sigaro cubano, riflettendo beatamente sull’unicità del patrimonio autoctono italiano.

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Nella foto: Federico Bovarini - Ambassador del Moscato di Scanzo